Poesie inserite da Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca
Dal chiarore delle stelle, nella notte fredda e buia
nel fetore della stalla s'è calato il Redentore.
adagiato sul giaciglio, ricoperto fu di paglia
ché quell'era il focolare attizzato dal respiro
di quegl'esseri viventi che al peccato erano
assenti. Gli era accanto, un po' tremante per
stanchezza e di paura, quella Donna mesta e pia
che più avanti prende il nome di Santissima Maria.
Cereo il volto, stanchi gli arti per cammin di lunga
via, aggravata dal gran parto, mal reggevano i suoi
occhi ma l'evento era sì grande che le pene poco
sentia. Ad un lato, inginocchiato, era in umile
preghiera quel brav'uomo falegname che d'averi
superava un qualunque alto reame. Era fredda
quella notte, era neve a fiocchi a fiocchi, v'era
turbinio di vento, era buio tutt'intorno. S'aspettava
il nuovo giorno. Una stella rilucente si partì
dall'Oriente rischiarando dal gran buio il cammino
ai viandanti ch'erano i tre grandi re magi. Da dimora
dei lor luoghi carchi ivano d'omaggi alla grotta
di Betlemme onde rendere ovazione d'ogni cosa
al Creatore che pur piccolo com'era l'universo
gli soggiaceva. Cielo e terra, mari e laghi, acqua
e vento, monti e piani, neve e nebbia, sole e stelle,
luna e buio, grandine e gelo tutto quanto gl'apparteneva.
Tutto suo era il creato ma, poi, l'uomo vile e ingrato
Tutto quanto gli ha negato. Solo il bue e l'asinello
con Giuseppe e con Maria i re Magi e l'Angioletto
gli rimasero vicino mentre Erode già pensava
come farlo eliminare.
Dai re Magi s'aspettava di sapere ove cercare
ma dal cielo appare un Angelo ch'altra strada
fa lor fare. Ampie ali, vesti bianche dalla Reggia
del Divino con un tuffo s'avvicina a Giuseppe
che dormiva Messaggero, che il Buon Dio giù spedito
avea al Messia e, accosto all'orecchio gli sussurra:
Presto, presto per il ben del Pargoletto svelto, giù, salta
dal letto, corri via con Gesù e la Santissima Maria.
Questo è loco non adatto, questo è loco di misfatto.
La Santissima Maria pur se stanca non dormia, indi,
stretto tiene in braccio il Figliolo benedetto. Quindi
al bue dolce e buono danno in testa una carezza
e in fretta dalla stalla menan fuora lo somarello
e la Donna benedetta, la Santissima Maria, stretto
in braccio il Bambinello, si sistema sulla sella
del docile asinello e, intraprendono il cammino
per il loro nuovo destino.
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    Scritta da: Nello Maruca

    CLVII

    Non è viuzza che non tiene ammanto
    d'uomini in armi assettati di guerra
    e lor nefandezza sangue solca terra
    e si gareggia chi uccide e quanto.

    Mai conosciuto avea sì tanto pianto,
    nemmanco visto padre che sotterra
    figlio e, con esso, pur suo cuor'interra;
    scena straziante ch'induce compianto.

    In tale clima di terrore incusso
    in nostr'orto a coltivare ortaggi
    uomini armati senz'averci escusso,

    dopo averci d'ogni bene concusso * derubato
    in nostra casa, in funzione d'ostaggi,
    ci fucilano a soddisfa d'istinti selvaggi.
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      Scritta da: Nello Maruca

      CLVI

      Cotanta carità può Provvidenza;
      potere umano non puote sì tanto
      che sol Divinità può farne vanto
      e trarti pote da tant'indigenza.

      Quando morsa stringe Stato in violenza
      e se dell'equità perde suo manto
      popolo sol'allora conosce quanto
      pesa la dignità e l'uguaglianza.

      L'onesto cittadino è alla sbando,
      vive miseramente d'espedienti
      e solo triboli son'abbondanti

      Perseguitato, vessato e vilipeso,
      mortificato, malmenato e offeso
      pate pur pena di possente brando.
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        Scritta da: Nello Maruca

        CLV

        Bel giovane d'aspetto signorile
        Passo deciso, modo disinvolto
        a noi s'appresta e con dire sciolto:
        Chi tra voi è la signora Gentile?

        Dovevo essere qui già in aprile
        Ma da tanto mala sorte m'ha distolto
        Chè sentier già corso è altra volta volto
        e da coste brasiliane sono in Cile.

        Ma son contento d'essere qua giunto
        Che molt'altri passati son per l'armi,
        altri seviziati in fetido recinto. * *carcere

        Quando, ormai, da stanchezza vinto
        e della triste fine già convito
        Una scialuppa giunge a ripescarmi.
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          Scritta da: Nello Maruca

          CLIV

          Il solo realizzo è il lavoro,
          In esso abbiamo unico sfogo
          e gratifica la scritta in cima al logo
          Che soddisfa più di miniera d'oro.

          Il nome del caseificio "Teodoro"
          Sorretto da verghe simili spago
          Fuso d'acciaio, ferro e platino vago
          Che sol'essa scritta supera tesoro.

          Quanto in noi il mondo non può pattare
          Perché indelebile fisso è nel cuore
          e mai alcuno lo potrà cacciare.

          Tanto t'ho detto, Tina adorata,
          t'aggiungo che nutriamo grand'amore;
          il resto l'esporrà donna angosciata.
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            Scritta da: Nello Maruca

            CLIII

            Parrà strana di certo nostra presenzia
            Altero preserva, però, significato
            e ond'intuirne appieno lo stato * *motivo
            Necessita ritornar pregressa scienzia

            Bisogna far ritroso a tua puerizia
            Rispecchiarsi entro tuo verde stato* giovane età
            Quando bel fiore eri appena sbocciato
            e quando bolliva* in te prim'amicizia. * nasceva

            Bel fiore troneggiava nel nostr'orto
            Alla ricerca del tuo grand'effluvio
            Finché la sorte lo porta alla morte.

            Allora il mondo ci pare contorto
            e da quel dì piangiamo amara sorte
            Che non è giorno che non è diluvio.
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              Scritta da: Nello Maruca

              CLII

              In corso di tua prolungat'assenza
              in visita fu il vicino Bonconto
              assieme a donna Maria del Ronto
              a palesar motivo di loro presenza.

              Scusaci, Tina, per la nostr'invadenza,
              così a dir comincia lo grande Bonconto,
              fissare dovevamo appuntamento
              ma siamo certi della tua clemenza.

              Sempre ben venuti in questa casa
              Che di tutte persone del villaggio
              Siete più meritevoli e più degni

              Dico tanto per meritato omaggio
              Che da che m'aggiro in questa casa
              Vostre buon'azioni sono di segni. * * insegnamento.
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                Scritta da: Nello Maruca

                CLI

                Quando ai piè dell'assolato fabbricato,
                sorpreso nel trovare donne e bambini,
                al centro mamma a carezzare piccini
                col viso sorridente e radiato.

                Che d'importante, mamma, è capitato?
                Perché tanta gente, tanti bei piccini
                Tante grida festose, tanti cherubini?
                Tripudio chetato parmi qui tramutato.

                In poco ti racconto ciò ch'è stato
                Quanto fulmineo tutto è cambiato
                e io nemmanco poco ho assimilato.

                I titolari del grande Caseificio
                Al lavoro hanno dato commiato
                Stanchi proseguir lor sacrificio.
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                  Scritta da: Nello Maruca

                  CLVIII

                  In un minuto padre e madre spare,
                  quattro fratelli e bionda sorella
                  ricca d'ingenuità e splendore di stella
                  e non teme in bellezza lun'eguagliare.

                  E'un Angelo su me ch'è a vegliare
                  e tutto m'avvolge della sua mantella
                  che rigetta ogni micidiale palla
                  e in altro loco la porta a posare.

                  Anchilosato, disteso accanto
                  a grande palma resto tempo quanto
                  non so né mai potrò, certo, sapere

                  ché la coscienza da me s'è dipartita
                  e steso qual morto e non più in vita:
                  poggio la testa su mamma, cadavere.
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                    Scritta da: Nello Maruca

                    La preghiera dell'orfanella

                    Quando ch'ancora il latte mi donava
                    persi l'aggrappo a lauta mammella
                    di quella nobile figura dolce e bella
                    che sopra al core suo mi dondolava.
                    Un dì per smisurata malasorte
                    in fretta si partì per luminosa
                    via lasciandomi di nettare desiosa
                    alfin di Dio venire a maestose Porte.

                    Inver con me voleva ella restare
                    ma divin Forza al ciel la fa carpire
                    e a nulla valser lo suo reagire
                    né le suppliche mie per fer voltare.
                    Troppo piccina per attaccarmi a Te,
                    Madre Divina, che se possanza avessi
                    avuto per'amore Tuo, e gl'eccessi
                    pianti, per caritade, mi sarei gaudente.

                    Qual uccelletto io ancora implume
                    restar volevo nel mio caldo nido
                    ma lo destino tristo quant'infido
                    non volle lì mettessi le mie piume.
                    Pregarti, allora, Madonna, non potevo
                    ché ancor lo cervel mio non connetteva
                    né la mia lingua verbo ancor diceva
                    né di mie gambe passo alcun movevo.

                    Ma ora che lo cervello s'è ingrandito
                    e lo cuor mio per malor si è spanso
                    e molto a ragionar riesco e penso
                    a questa preghiera l'ascolto Tuo invito:
                    Se darmi non vuoi ancor l'amata mamma
                    perché poss'io toccarla e abbracciarla,
                    se in Cielo vuoi Tu ancora trattenerla
                    privandomi ognora della mia fiamma

                    fa ch'io giunga almeno ai Tuoi piè santi,
                    fa che alla scala dell'empireo approdi,
                    lascia almeno lì che la mia mamma godi
                    e di sospiri la copri e di miei pianti.
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