Ulula il vento, non si cheta, incalza, ora alberelli piega ora altri innalza, ora a dritta soffia e ora mena a manca e donde passa d’ogni cosa ammanca.
Le foglie da su gli alberi divella in ciel le innalza e, poi, le mulinella indi le abbassa fino a fondo terra tante ne innalza ancora, altre sotterra.
Ingagliardito di sì tal possanza verso l’annosa quercia, forte, avanza ma per quanto soffia, urla e si lamenta, per quante volte l’assalto ritenta
della sua forza sente il fallimento. La quercia resta là, non ha spavento e del rabbioso vento par che rida mentre immobile accetta quella sfida.
Rùgge, ora, il vento, freme, si tormenta, s’innalza, s’allontana, indi, ritenta, con furiosa lena, di poi, si scaglia ma a contatto di quercia si frastaglia.
Son radicata qui da trecent’anni immagina se temo te e i tuoi danni; così la quercia sussurra all’udito mentr’esso di tal possa inorridito
È tempo dell'Avvento e in nostri cuor qualcosa di nuovo ora germiglia, lo sentiam Gianni e Lida amabil figlia stasera che pensosi miriam gli Astri
che di brillanza son men di Voi lustri. D'antica quercia porta seco foglia lieve venticel che spinge e invoglia trarre dai cuori e tingere d'inchiostro
fogli, per dire a Voi, nostri pilastri, un grazie per il Vostro grand'affetto, per le attenzioni e i sacrifici tanti
che, da quando noi ancora maldestri, elargito ci avete a tutto effetto venerandoci qual fossimo santi.
Grazie per tutto, nostra diletta mamma, e a te, padre, per lo core che infiamma.
Tanta la gentilezza che m'avvolse che assai confuso mi rimasi alquanto e non capii perché così m'accolse chi non degnava altri più di tanto.
Allorquando mi fui, poi, all'altro accanto che già saldato avea da tempo il conto, la mente mi s'aprì presto, qual lampo, udendo: esser pur io seme del campo.
Questo non è l'ambiente che tu pensi ma, di contro, è una fabbrica di soldi che pure fuor di tempo trovi i saldi e patteggiare puoi pure i compensi.
Il suo mestiere bene egli conosce ma meglio ancor lo fa se lo compensi che senza soldi, sai, perde li sensi ma al solo puzzo più nulla capisce.
Non esser, quindi, pigro di tua mente, nell'elargire mostrati eccedente che assai maggiore avrà di dente cura ed ancor più s' esente di fattura.
Sin dagli albori del mio cambiamento quasi volendo suggellar l'evento in terra ricca a dimorar ti posi ed altezzoso là cresci e riposi.
Scelsi quel posto donde il mar t'è a fronte che levante mirar puoi e pur ponente e dove in mare il ciel si perde tondo quasi a volere ch'abbracciassi il mondo.
Non hai di che lagnarti per la casa ché te lo sol di mane a sera veglia poi, di notte, pur se di nubi ascosa qualche suo raggio luna a te convoglia.
Seme innestato t'ho del Risvegliato * e dei canestri tutto t'ho imbrigliato ché di esso sono l'illuminato re e, puranco, in esso ho rispecchiato te.
Nol sai che il gruppo s'è cresciuto alquanto che ne contiamo più, ormai, di cento? Siam tutti rigogliosi e ben pasciuti ché di sapere Buddha ci ha imbevuti.
Sol di una cosa siam desiderosi: gustare appieno i frutti tuoi succosi, non essere di essi ancora geloso, donali solo a me che son goloso.
Corre lo buon Giuseppe da Pilato ad implorare la divina Spoglia che inumarla in sicuro loco ha voglia e astergere di addenso Sangue beato.
In tel di candido lino pregiato, poi che da peso croce Corpo spoglia l'avvolge, e con pie donne insiem lo veglia finché in tomba vien con pietà traslato.
Il dì di poi del sabato, all'albore, all'avello Maria trovasi presso ma la pietra, però, manca all'accesso,
quindi, con l'altre assiem varca l'ingresso tremolante di paura e a capo basso ma, non ha traccia del Divin Signore.
Tutto di bianco intorno è ricoperto e ancor la neve cala volteggiando mentre leggero, il vento sibilando vola la neve nell'andare incerto.
Con l'ansia in petto, a passo svelto e certo, di porta in porta Giuseppe va bussando ed un lettuccio per Maria invocando, in loco pur modesto ma coverto.
Ma non è locandiere a dare ascolto ch'ogni cantuccio dell'albergo è pieno; indi, posto può tener su paglia e fieno.
Colui che delle stelle è ancora più alto nasce nel letto di una mangiatoia ma per Giuseppe e per Maria è piena gioia.
Al caldo del respiro, nella stalla, docile bue l'accoglie e l'asinella che di Natività sono gaudenti non quali quadrupedi incoscienti
ma animali bipedi intelligenti, che forzan loro mantici ansimanti. Onde donare tepore agli astanti.