Poesie inserite da Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca

Il sogno di un sogno

È una serata cupa, lampi e tuoni; e
due nipotini dormono buoni, buoni.
Stanno vicino l'uno all'altro stretto
in quello che lor chiamano grande letto.
Accanto v'è la nonna, tutt'amore, n
che per lor prega Iddio, nostro Signore.

Lo fa con la passione del suo cuore
onde lor crescano nel di Lui timore.
Io sono a letto, nella stanza accanto,
ché il mio posto ceduto ho ben contento
ai pargoletti dell'innocente manto
giacché l'un l'altro restano mio vanto.

Il vento ulula forte, un gran lamento,
a prendere sonno, quella notte, stento
mentre il rumore dei tuoni di tanto in tanto
riporta il pensier mio alla stanza accanto,
a papà mio, a nonna Giovannina
a mamma, a zia donna Esterina

al papà di mia moglie, alla mammina,
alle mie sorelle lontane e alla vicina.
Tutti in rassegna passo i miei parenti,
ne conto tanti, cinque volte venti;
gli occhi sono stanchi, lacrimanti
così mi fermo senza andar più avanti.

Mi ritrovo, di botto, in un salone
zeppo di sedie, tavoli e poltrone.
Una ad una riempiono lo stanzone
tante, innumerevoli persone.
Per prima accanto a me siede mia moglie,
all'altro lato seggonsi le due figlie

seguono di mia moglie e me le due famiglie
e un'antenata a lunghe sopracciglia.
Entra a passo lento e cadenzato
L'Arciprete Battista accompagnato
Da Ciccio maresciallo e il cognato
Nonché lo fratel Giuseppe, letterato.

Con cinque germogli dal viso festante
i tre miei figli maschi mi stanno a fronte,
alla lor destra è giovane aitante
e accosto di famiglia altro esponente.
Sono i nipoti primi, alti e snelli
ch'anno valore di inestimabili gioielli,

segue la femminuccia dai neri capelli,
occhi castani, luminosi e belli.
Nella festante, gioiosa ricorrenza
Allieta la serata la presenza
Dei tanti parenti e loro discendenza
E di tutti i miei fratelli e figliolanza.

S'avvera, così, il desiderio di tant'anni
Vissuti in sofferenza e negl'affanni
Ch'anno segnato, ahimè, non senza danni
l'esistenza di figli nonni e bisnonni.

Finito il sonno s'azzera l'incanto
E nello core rilacrima lo pianto.
Giacché tutto vissuto ho nel sonno
Che portato m'ha a far questo bel sogno.
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    Scritta da: Nello Maruca

    III

    Vecchio sono e bianco sono di testa
    Ma devo ancora fare l'ultima corsa,
    pur la famiglia resta negl'occhi desta
    pensando qual sarà l'ultima morsa.

    Stanco sono, avanti son negl'anni,
    volenterose restano, però, le spalle
    a sopportar lo peso degl'affanni,
    esplorare la cima il piano e valle

    alla ricerca del dolce Sembiante.
    Certo ch'altrove l'avrò: nel Paradiso.
    Distrutto vo a scovarlo col sorriso
    Nella presunzione di cercatore fervente

    Poiché vogliolo,, pure qui, sopra la terra
    Con la passion di chi guerriero è in guerra.
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      Scritta da: Nello Maruca

      Il tentativo

      Dimodoché su carta venga fissa
      penso affidare incombenza a un'esperto;
      chi meglio di un prossimo se rimessa
      potrebbe di più foggiarla a mio concerto?

      Quando all'altezza del suo abituro
      facciomi scosto e lascio passare
      figura melensa dal vestito scuro
      che quatta su quell'uscio va a posare.

      Tosto la mente torna ai tempi andati,
      alle storture vicine, alle lontane,
      ai dispiaceri, agli anni amareggiati
      e folgorato son dell'azioni insane

      per quella melensa, perfida nobildonna
      ch'attizza il focolare del dissapore
      sol col riporto su cenciosa gonna.
      Di consanguinea che ne gust'odore

      Così non entro più nella dimora,
      mi resto, come sempre, nel di fuora.
      Lungi dall'astio, l'ira e la perfidia
      lascio squassare loro nell'invidia.
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        Scritta da: Nello Maruca

        Raccomando

        Il nome che port'io a te è imposto
        non per mia fama o glorietude avuta
        Perc'hio mai ebbi tal qualitadi riposto
        in nessun'azione o arte mia compiuta
        ma l'affetto, pens'io, che filiale cuor
        riserva a paterna, amabile figura
        e, dimostrazione dare più d'amor
        ché figlio opera paterna non censura.

        Giacché mai rivestii ruolo importante
        Non tributato fui in onoranza,
        la mia figura mai fu imponente
        e a nullo seppi dare mai speranza.
        Sper'io in cima giungi a scalinata
        onde conquisti appieno il dottorato
        ché il loco cui l'umanitade è sita
        necessita d'avere il titolato.

        Chi sudorato e stanco in vetta
        per volontade e sua fortuna è assiso
        mirare puote, privo d'ogni fretta,
        chi in basso resta spento nel sorriso.
        D'all'alto il rimirare è sempre appago
        e la miseria altrui non la si vive
        si pensa sol di fare di propria vita sfago
        e dell'altrui faticasi capir perché son prive.

        Ma, a fine che sarai di scalinata
        e l'ultimo gradino conquistato
        dei deboli, deh! Ti prego, fanne cordata:
        Conforto avranno; tu sarai appagato.
        A nulla servirotti fama e quant'altro
        se al bene e amore altrui non rivolto
        ché Cristo in grande fama, più d'ogn'altro,
        per gli altri non per Se ne è avvolto.

        Prendi d'Egli l'esempio e non far svolta,
        seguita quella Via che par distorta,
        fai in modo ch'entri in quell'angusta Porta
        così del cielo toccherai la volta.

        Questa la raccomando che ti fò:
        Giunto all'apice del potere umano
        essere nelle decisioni tue sovrano,
        rendere giustizia e grazia a chi non può
        genuflesso sempre al Dio possente
        che in ogn'occasione t'è presente,
        perché se in vita divenuto sei potente
        la gloria è tutta Sua, tu ne sei esente.
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          Scritta da: Nello Maruca

          VITA

          Dei giorni dell'agosto passati di mia vita
          Solo uno ne ricordo raggiante e luminoso:
          Quello che fu d'Angelo il giorno della vita.
          Già all'alba, quel mattino, splendeva luminoso.

          Intorno era profumo di rose e di viole,
          i prati tutt'interi coperti eran di fiori.
          La terra era ammantata di luminoso sole
          E noi contenti, allegri, noi s'aspettava fuori.

          Di gioia e di sorrisi tutto quel giorno
          È intriso giacché dal Paradiso calava
          In veste bianche, in terra a far soggiorno,
          colui che tutt'intero nel cuor mi si poneva.

          In quel luogo nascosto, scaldato dal mio amore,
          fissa dimora ha posto e più non lo distacco.
          Se un giorno ne uscisse sanguinerebbe il cuore;
          verrebbe il mio cervello molto malato e stracco.

          Febbraio 1999 Nonno Nello al suo Angelo
          Con un abbraccio.
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            Scritta da: Nello Maruca

            L'ultimo viaggio

            Quand'io, alla soglia della quarantina,
            lesto partisti, Padre, una mattina
            per la lustra via, verso il Ciel turchino
            perché ultimato avevi il tuo cammino.

            Precoce il viaggio fu, senza ritorno
            ed io d'allora mi riguardo intorno
            nella vacua speme di vederti un giorno
            seduto, nell'ampio e grigio soggiorno.

            Ma non udranno più mie orecchie il suono
            dei regali passi toccare il suolo
            che non più in terra, ma pel Cielo sono
            leggeri, al pari degl'uccelli volo.

            Nell'alto Loco, tutto dorme e tace,
            e solo è serenità, amore e pace.
            Qui cattiveria è d'uccello rapace;
            e mai la terra ha conosciuto pace.

            Resta, perciò, o Pà, in Casa del Signore
            donde lo puoi onorare a tutte l'ore.
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              Scritta da: Nello Maruca

              Il compleanno

              Questa sera un po' depresso
              Resto al bordo del mio letto,
              sono incerto sul da fare:
              Dormire o qualcosa ideare?
              Ora il pendolo s'è desto
              E rintocca mezzanotte.
              La mia sposa è già dormiente,
              io mi stendo lentamente.
              Poi mi alzo, pian pianino,
              per lasciar tranquillo il nido,
              al mio tavolo m'accosto
              e comincio con far lesto
              la stesura di quest'inno
              pel vegliardo novantenne.

              Zio Gustavo uomo retto
              Dal suo fare quasi perfetto
              Ha saputo col suo stile
              Superare il tempo ostile.
              Nel decorso di sua vita
              Ha sofferto e ha patito
              Ma ha saputo degnamente
              frenare cuore e mente.
              Tempo, oggi, dell'avvento
              Captato ha l'evento
              Radunando al suo cospetto
              Tutti quelli ch'à nel petto.

              E con stima e con amore
              Dal profondo d'ogni cuore
              Noi porgiamo l'augurio
              In questo giorno di tripudio.
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                Scritta da: Nello Maruca

                La preghiera

                A Te Beata Madre, a Te che Figlia
                e Madre nel contempo sei, a Te o Madre,
                a Te, stasera questa preghiera sia
                onde imminente al nostro Padre

                invii. Degno non sono d'invocarTi,
                o Madre, ma so che carca di carità
                Tu sei e anche se molto più amarti
                Ti dovrei sono certo che la mia viltà

                Sotto l'Azzurro Manto svanirà.
                Ecco, Madre Celeste, la preghiera mia:
                Quando al buon Dio la Morte piacerà
                donarmi non per uno ma per due sia

                Ch'io a ritroso la strada, certo, faria
                se la compagna non fosse su mia via.
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                  Scritta da: Nello Maruca

                  Il sogno di un sogno

                  È una serata cupa, lampi e tuoni;
                  due nipotini dormono buoni, buoni.
                  Stanno vicino l'uno all'altro stretto
                  in quello che lor chiamano grande letto.
                  Accanto v'è la nonna, tutt'amore,
                  che per lor prega Iddio, nostro Signore.

                  Il vento ulula forte, un gran lamento,
                  prendere sonno, quella notte, stento
                  mentre il rumor dei tuoni di tanto in tanto
                  riporta il pensier mio alla stanza accanto,
                  a papà mio, a nonna Giovannina
                  a mamma, a zia donna Esterina

                  al papà di mia moglie, alla mammina,
                  alle sorelle lontane e alla vicina.
                  Tutti in rassegna passo i miei parenti,
                  ne conto tanti, cinque volte venti;
                  gli occhi sono stanchi, lacrimanti
                  così mi fermo senza andar più avanti.

                  Mi ritrovo, di botto, in un salone
                  zeppo di sedie, tavoli e poltrone.
                  Una ad una riempiono la stanza
                  innumerevoli persone, in allegranza.
                  Per prima accanto a me siede mia moglie,
                  all'altro lato siedono due figlie

                  seguono di mia moglie e me le casate
                  e a lunghe sopracciglia due antenate.
                  Entra, po, a passo lento e cadenzato
                  L'Arciprete Battista accompagnato
                  da Ciccio maresciallo assai compìto
                  nonché il fratello Giuseppe, l' erudito.

                  Con cinque germogli dal festante viso
                  i miei figli maschi mi stanno a fronte,
                  alla lor destra è giovane in sorriso
                  e accosto di famiglia altro esponente.
                  Sono i nipoti primi, alti e snelli
                  c'hanno valor d' inestimabili gioielli,

                  segue la femminuccia dai neri capelli,
                  occhi castani, luminosi e belli.
                  Nella festante, gioiosa ricorrenza
                  allieta la serata la presenza
                  la discendenza dei tanti parenti.
                  con allargata ceppi, lì presenti.

                  S'avvera  il desiderio di tant'anni
                  vissuti in sofferenza e negl'affanni
                  di vedere presenti tutti quanti
                  a cerchio radunati, esilaranti.

                  Finito il sonno s'azzera l'incanto
                  E nello core rilacrima lo pianto.
                  Giacché tutto vissuto ho nel sonno
                  Che portato m'ha a far questo bel sogno.
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                    Scritta da: Nello Maruca

                    XCIII

                    In aula sono stato sempre attento
                    Chè seguire il relatore è orgoglio,
                    Così all'altre dottrine ho dato il meglio
                    E ogni spiegazione diventa evento.

                    Se nel donare egli resta contento
                    Chi acquisisce dev'essere sveglio
                    Ch'egli potrebbe pure usare il taglio
                    al dare a chi lo segue a stento.

                    Dato quanto in mente ho fissato
                    Sperando portare lustro* ai docenti
                    E ripagare, così, il loro operato.

                    Dell'illustrazione sono soddisfatti
                    Per quanto materia e argomenti
                    E quanto a conoscenza, stupefatti.
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