il figlio del destino
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...posa distratto sull'automobilista accanto. Non indossa la giacca e la sua camicia è ben stirata. La cravatta, regimental, fa immaginare un funzionario di una certa immagine ed il suo capello è molto curato. Le sue mani sono quasi lucenti, nessun anello, dita lunghe e affusolate. Traspare dal polsino della camicia un orologio, un Rolex probabilmente. Non sarebbe potuto essere diversamente.
Neppure il tempo che egli si accorga di me che già sono concentrato, si fa per dire, sull'automobilista della parte opposta.
Tutt'altro genere, personaggio. Capello scomposto, barba non curata, maglietta sgualcita, sigaretta appesa alle labbra. Sicuramente non la prima.
Mi rendo conto, ad un tratto, che ci guardiamo un po' tutti, senza mai osservarci veramente, proprio come quando si parla senza mai riuscire a dirsi veramente tutto; si parla e basta.
Solite riflessioni inutili di una mattina come tante, una specie di banco di prova per il nostro cervello con la speranza che tutto possa aiutare a creare nuovi stimoli, percepire nuove intuizioni.
Le intuizioni sono come le parole, i versi, per un poeta: dovresti fermarti ovunque ci si trovi e annotare la "riflessione" su una specie di diario. Oggi la tecnologia permette di registrare anche sul telefonino: ma avete ... [segue »]
dal libro "Il figlio del destino" di Bartolo Fontana
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