il figlio del destino
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...testa di Alberto, erano tante: cosa aveva di tanto urgente, Luisa, da riferire?
Non la ricordava come una visionaria o come una abituata a ingigantire ogni cosa, la sua ansia, dunque, era più che giustificata.
Eppure erano trascorsi tanti anni!
Ed ora, all'improvviso, pronto a rivederla.
Bionda, sorriso smagliante con quei denti bianchissimi, occhi felini, sguardo penetrante reso pericoloso da quel complice sorriso. Una bellezza misteriosa, impenetrabile. Sembrava che il fascino fosse nato nel corpo di quella donna.
Ma Alberto, nel frattempo, si trovava ancora in ufficio mentre il telefono continuava a infierire.
Quei pochi metri percorsi in corridoio, con Carla alle calcagna, sembrava un percorso di guerra tra fili spinati, ognuno che aveva qualcosa da chiedere al capo, qualcosa da cui dipendessero, addirittura, le sorti dell'umanità.
A volte è incomprensibile di quanto le persone non si rendano conto di certi momenti, di non riuscire a capire quando è il momento giusto per fare una domanda. Esistono soltanto loro con il proprio problema.
Il capo, per costoro, per definizione, è il risolutore assoluto di ogni cosa, altrimenti che capo sarebbe?
Ancora pochi metri ed Alberto, aiutato da Carla che allontanava i collaboratori come fa un giocatore in una partita di rugby, si avvicinava ... [segue »]
dal libro "Il figlio del destino" di Bartolo Fontana
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