Si, un ago.
Inizialmente avevo pensato a un ciclone.
Ma tutti sanno che i cicloni, al contrario degli aghi, ci vedono benissimo: vanno sempre dagli sfigati.
L'essere se stessi espone a due tipi di "casini", che vado (brevemente :) ad illustrare.
1) Casino pratico-relazionale. Esso deriva dal fatto che, molto spesso, l'essere se stessi comporta una sorta di navigazione contro corrente che è di sua natura molto difficile e movimentata, un po' come quando ci si trova a dover camminare in senso contrario a quello in cui si muove una folla di persone o una mandria di bufali che ci viene incontro. Ma questo "casino numero 1" è, dei due, il tipo più semplice e divertente.
10 anni e 10 mesi fa
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E' importante notare che entrambi gli abissi sono dentro di noi: la frase dice che non siamo solo il pozzo, ma anche il cielo.
Credo che questa considerazione, se ci si riflette un attimo, possa essere molto consolante.
Auguri e saluti a tutti.
Stabilire che non sappiamo... certo, a livello logico la sospensione del giudizio è la soluzione migliore.
Ma... esistiamo, viviamo ed agiamo solo a livello logico?
E' logica, la poesia? E' logica, l'amore? E' logica, ciò che ci conduce, al ristorante o davanti alla TV, o quando ascoltiamo una musica, a scegliere tra l'una e l'altra possibilità?
L'importante è che le nostre scelte non arrechino danni a noi stessi e agli altri: poi, sugli argomenti a "giudizio logico sospeso", ciascuno compia le sue scelte, e ciascuno rispetti le scelte altrui.
Sospendere il giudizio su certi argomenti, è un po' come fermarsi a un incrocio senza sapere dove andare, mentre si è inseguiti da qualcuno che vuole farti la pelle...
E noi tutti siamo inseguiti quanto meno dal tempo: un cacciatore feroce che, prima o poi, la pelle riesce a farla a tutti, nessuno escluso.
10 anni e 11 mesi fa
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Un verbale pubblicato
certo è stato compilato;
ma un verbale scribacchiato
o anche solo teorizzato
ben può esser pubblicato
sul momento, ma anche dopo,
perché l'ora per allora
spesso tarda,
e va in malora
ogni buon proponimento
del giurato cuor contento,
improvviso esperto d'arte,
che non firma, non fa carte,
e a Natale se ne parte
e si perde per la via...
E poi arriva Epifanìa,
e ristagnano le carte,
e subiscono la sorte
d'ogni inutile poesia
valutata e messa via...
Ma poi premono i perdenti
con le unghie e con i denti
intonando l'omelìa,
della solita mania
di premiare senza tema
di smentita o di teorema,
a capocchia o giù di lì,
nell'agone quotidiano
dell'amico, del ruffiano,
del premiato onnipresente
che indovina veramente
la quaterna del viaggetto
zitto zitto e quatto quatto...
Mentre arriva Capodanno,
stò verbale, a chi lo danno?
Lo daremo alla Befana,
vecchia laida e pacchiana,
che lo legga per la via...
E' finita la poesia.
Il GIOVANE Padre Pio da Pietrelcina scriveva il 15 Agosto 1914, a soli 27 anni (quando era già cappuccino e direttore di anime):
"Sono stanco della vita, vorrei esserne liberato. La sopporto non senza un estremo sforzo del mio spirito, per amore di colui che me la diede e che ancora vuole mantenerla".
Questo concetto è ripetuto pressoché all'infinito nel suo epistolario: arrivava a chiedere ai suoi penitenti che pregassero Iddio per la sua m0rte...
Possibile che un uomo ritenuto e fatto santo dallo stesso papa Wojtyla desiderasse, in giovane età, essere privato di questo "tesoro unico"? O forse esistono più facce della verità, cioè più verità contrastanti, con molteplici e contrastanti consigli da dare ai "giovani"?
Nel Vangelo di san Luca (14,26) è scritto: "Se uno viene a me e non odia (...) perfino la propria vita, non può essere mio discepolo"...
La faccenda del "tesoro" da spendere è quindi in realtà molto più complessa di quanto possa apparire da queste parole di papa Wojtyla, che inquadrano il problema solo in una visuale ampia e generica, senza dubbio valida ai fini mediatici ma assolutamente non esaustiva, sino a poter essere fuorviante, un po' come possono esserlo quelle foto dei luoghi turistici del terzo mondo in cui tutto appare dolce, sereno ed appetibile, e non si vedono la miseria, la fame e l'abiezione di chi ci vive e ci soffre ogni giorno.
La vita è in realtà un'esperienza aspra e durissima; e chi più la vive nella sofferenza e nella consapevolezza del tormento interiore, meglio (incredibilmente) la spende...
A.Schopenhauer
Inizialmente avevo pensato a un ciclone.
Ma tutti sanno che i cicloni, al contrario degli aghi, ci vedono benissimo: vanno sempre dagli sfigati.
1) Casino pratico-relazionale. Esso deriva dal fatto che, molto spesso, l'essere se stessi comporta una sorta di navigazione contro corrente che è di sua natura molto difficile e movimentata, un po' come quando ci si trova a dover camminare in senso contrario a quello in cui si muove una folla di persone o una mandria di bufali che ci viene incontro. Ma questo "casino numero 1" è, dei due, il tipo più semplice e divertente.
Credo che questa considerazione, se ci si riflette un attimo, possa essere molto consolante.
Auguri e saluti a tutti.
Ma... esistiamo, viviamo ed agiamo solo a livello logico?
E' logica, la poesia? E' logica, l'amore? E' logica, ciò che ci conduce, al ristorante o davanti alla TV, o quando ascoltiamo una musica, a scegliere tra l'una e l'altra possibilità?
L'importante è che le nostre scelte non arrechino danni a noi stessi e agli altri: poi, sugli argomenti a "giudizio logico sospeso", ciascuno compia le sue scelte, e ciascuno rispetti le scelte altrui.
Sospendere il giudizio su certi argomenti, è un po' come fermarsi a un incrocio senza sapere dove andare, mentre si è inseguiti da qualcuno che vuole farti la pelle...
E noi tutti siamo inseguiti quanto meno dal tempo: un cacciatore feroce che, prima o poi, la pelle riesce a farla a tutti, nessuno escluso.
certo è stato compilato;
ma un verbale scribacchiato
o anche solo teorizzato
ben può esser pubblicato
sul momento, ma anche dopo,
perché l'ora per allora
spesso tarda,
e va in malora
ogni buon proponimento
del giurato cuor contento,
improvviso esperto d'arte,
che non firma, non fa carte,
e a Natale se ne parte
e si perde per la via...
E poi arriva Epifanìa,
e ristagnano le carte,
e subiscono la sorte
d'ogni inutile poesia
valutata e messa via...
Ma poi premono i perdenti
con le unghie e con i denti
intonando l'omelìa,
della solita mania
di premiare senza tema
di smentita o di teorema,
a capocchia o giù di lì,
nell'agone quotidiano
dell'amico, del ruffiano,
del premiato onnipresente
che indovina veramente
la quaterna del viaggetto
zitto zitto e quatto quatto...
Mentre arriva Capodanno,
stò verbale, a chi lo danno?
Lo daremo alla Befana,
vecchia laida e pacchiana,
che lo legga per la via...
E' finita la poesia.
: ))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))))
"Sono stanco della vita, vorrei esserne liberato. La sopporto non senza un estremo sforzo del mio spirito, per amore di colui che me la diede e che ancora vuole mantenerla".
Questo concetto è ripetuto pressoché all'infinito nel suo epistolario: arrivava a chiedere ai suoi penitenti che pregassero Iddio per la sua m0rte...
Possibile che un uomo ritenuto e fatto santo dallo stesso papa Wojtyla desiderasse, in giovane età, essere privato di questo "tesoro unico"? O forse esistono più facce della verità, cioè più verità contrastanti, con molteplici e contrastanti consigli da dare ai "giovani"?
Nel Vangelo di san Luca (14,26) è scritto: "Se uno viene a me e non odia (...) perfino la propria vita, non può essere mio discepolo"...
La faccenda del "tesoro" da spendere è quindi in realtà molto più complessa di quanto possa apparire da queste parole di papa Wojtyla, che inquadrano il problema solo in una visuale ampia e generica, senza dubbio valida ai fini mediatici ma assolutamente non esaustiva, sino a poter essere fuorviante, un po' come possono esserlo quelle foto dei luoghi turistici del terzo mondo in cui tutto appare dolce, sereno ed appetibile, e non si vedono la miseria, la fame e l'abiezione di chi ci vive e ci soffre ogni giorno.
La vita è in realtà un'esperienza aspra e durissima; e chi più la vive nella sofferenza e nella consapevolezza del tormento interiore, meglio (incredibilmente) la spende...