il figlio del destino
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...atteggiamenti, erano preludio della fine della storia.
Per fortuna, comunque, anche il secondo messaggio era stato di secondaria importanza e il timore che potesse ascoltare qualcosa in grado di turbarlo si stava affievolendo.
Sul contenuto del terzo messaggio, Alberto si sentiva ragionevolmente tranquillo perché immaginava che sarebbe stato quello di un suo cliente che, da un po' di tempo lo stava inseguendo, per non dire perseguitando.
Era, dunque, già pronto a sentire una voce alterata, ansiosa.
Allungò il braccio per prendere quel bicchiere d'acqua posato sul piccolo tavolo, non distante da lui.
Aveva leggermente allontanato la cornetta dall'orecchio per evitare lo starnazzare di quell'antipatica voce.
"Ciao", silenzio.
Era Luisa.
Alberto rispose quasi balbettando, con l'illusione che quella voce non appartenesse a chi, purtroppo, non c'era più. Ora, su un freddo e nudo tavolo di marmo, in attesa che qualcuno potesse riconoscere quel misterioso corpo, ricoperto da un rigido lenzuolo. Ironico anche in questo il suo destino: lei, sempre così sfacciatamente elegante, riconoscibile.
Alberto sapeva bene che soltanto lui avrebbe potuto, dovuto, eseguire questa prassi. Sarebbe scappato immediatamente da quell'incubo ma la voce di Luisa lo fece ripiombare nel buio più profondo:
"Sono io. Credo, a questo punto, che non ti vedrò ... [segue »]
dal libro "Il figlio del destino" di Bartolo Fontana
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