il figlio del destino
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...un po' contorta di giocare col destino. Alberto era anche questo.
La mattina seguente si alzò di buon'ora e si diresse, con passo da atleta, al mercato. Una delle centinaia piazze di Roma, all'ombra di un caldo sole primaverile a Campo dè fiori, tra un tulipano e una rosa, troneggiava un fruttarolo simpatico quanto buono con una moglie talmente grassa che una balena, a confronto, avrebbe potuto fare la modella.
"Bongiò, sora Gina" rivolgendosi bonariamente alla donna.
"Dottò, che famo?" Lei, di rimando, con aria sorniona.
"Vorrei un fascio di carciofi, ma di quelli belli veramente, m'arraccomanno".
"Ma quanti siete? Così me regolo", chiese la sora.
"Se tutto va bene saremo due" rispose col solito tono scaramantico.
"L'amore a voi ommini nun ve dovrebbe cambià mai. Partite che siete tutti poeti, quanno turnate siete più stronzi de prima! Vero, dottò?".
Più che una domanda, il sapore era quello di una sentenza ed Alberto si guardò bene dal ribattere.
L'abbracciò con gentilezza e si avviò dal fioraio di fronte. Paola, la regina dei fiori, aveva un piccolo buco ma che col suo gusto era riuscita a trasformare in una reggia. Da qui il soprannome. Buon gusto, eleganza, ricercata nell'abbinamento dei colori,... [segue »]
dal libro "Il figlio del destino" di Bartolo Fontana
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