il figlio del destino
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...a casa, dopo averla accompagnata in albergo, assorto nei suoi pensieri. Con lo stesso stato d'animo di chi è stato investito da un autobus. Intuiva di non passare inosservato a quella donna ma sapeva anche che un semplice passo falso avrebbe compromesso ogni cosa. Bisognava assolutamente escogitare un piano, ma quale?
Intanto, avrebbe potuto telefonare subito in albergo per augurare la buona notte. Ma è sbagliato chiamare subito una donna da poco conosciuta, recitano i manuali di corteggiamento. Bisognava far decantare la situazione, il momento, per almeno un paio di giorni. Insinuare l'attesa, il dubbio.
E poi, da non dimenticare che le donne posseggono un metabolismo sentimentale molto diverso da quello di un uomo.
Allora, provare a inviarle dei fiori? Cosa scontata per una donna del genere. Bisognava sorprenderla: ma come?
Qualunque cosa la mente di Alberto iniziasse ad elaborare, appariva subito scontata, banale quanto prevedibile.
Non sapeva neppure quanto tempo sarebbe rimasta a Roma, in quell'albergo. Una cosa, però, era certa: doveva sbrigarsi, non perdere tempo.
Alla fine decise, ma decise, scaramanticamente, di confidarlo a se stesso solo al mattino seguente. Solamente dopo aver fatto ciò che aveva stabilito avrebbe avuto la conferma che sarebbe stata la cosa giusta. Una forma ... [segue »]
dal libro "Il figlio del destino" di Bartolo Fontana
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