il figlio del destino
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...rumore tenace dei tacchi delle scarpe.
Sapeva bene che più si allontanava da quel posto e più si avvicinava a Luisa. Il buio era intenso e con esso anche il gelo che entrava nelle ossa. Le parole saltavano sulle nude pareti come una palla da tennis, alla ricerca di un rinvio senza risposta. Ecco, il tavolo. Lungo, un lenzuolo appoggiato malamente su un corpo ancora caldo ma non più in vita. Poca dignità in chi aveva fatto dello stile e dell'eleganza la sua ragione di vita. Anche per questo la morte è vigliacca, forse. Sa approfittare solo di chi non può reagire. Il fiato di Alberto si accorciava man mano che si avvicinava a lei, poi, il dubbio finale, il grande dubbio, quasi una speranza: e se si fosse sbagliato? D'altronde egli aveva visto quella figura solo una frazione di secondo ed il frastuono, la confusione, erano davvero incredibili. Se Luisa gli avesse fatto l'ennesimo dei suoi imprevedibili scherzi? Alberto sapeva bene che lei sarebbe stata capace di ogni cosa, oltre l'umana immaginazione, oltre ogni equilibrio di logica disperazione. Si, Luisa ne sarebbe stata capace.
Ore 19,55: Alberto era nella hall dell'albergo in attesa che facesse la sua apparizione.... [segue »]
dal libro "Il figlio del destino" di Bartolo Fontana
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