Poesie inserite da Nello Maruca

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Scritta da: Nello Maruca

Il fico

Ogn'anno al giungere dell'estate afosa
a noi che al fresco tuo ci si riposa
fico, che vecchio ti ricordo d'anni assai,
di frutto dolce non fosti avaro mai.

Delle cure avute, quasi a dispetto,
quest'anno di pregiati fichi fai difetto,
giacché confronto non è coi passat'anni
di pene mi riempi e tant'affanni.

Ma ora che ci penso, mi ricordo,
tutto mi torna in mente or che ti guardo:
Tu pure l'anno scorso fosti fermo
e prim'ancora ti mostrasti infermo.

Qui ti lasciò mio nonno al dipartirsi
e ancor prima il bisnonno vide aprirsi
la bella chioma che tale fu per anni
che, poi, curò mio padre per trent'anni.

A loro mai donasti alcun cordoglio
ma a me, che t'accarezzo come figlio,
dal dispiacere m'hai levato il sonno
come non mai a padre, nonno e bisnonno.

Io non ho forza più di tolleranza,
da me s'è dipartita la pazienza;
ora m'appari come fossi morto
perciò toglierti voglio dal mio orto.

Con quest'arnese ch'è d'acciaio puro
ti tolgo il fiato con un colpo duro,
levoti, così, dal mio cospetto
onde non far mai più alcun dispetto.

Molto frutto, per te, questo fusto tira
e nulla feci per muovere la tua ira;
bene mi comportai sempre finora
e riconoscoti mio padrone ognora.

Per te produco, nobile signore,
nella giornata, fresco, a tutte l'ore,
dei tuoi bimbi soggiaccio a frusta e grida
ferma la mano, non renderla omicida.

La frutta la produco in abbondanza.
son sempre pronto, in ogni circostanza,
son sempre qui che sono ad aspettarti
qual è lo sbaglio, forse il troppo amarti?

Osi essere sdegnoso ed arrogante?
Dimentichi che sono alto e importante?
Tosto ti sfratto dall'orto e dal cospetto
perché osi mancarmi di rispetto.

Con questa scura ch'è tagliente
più di quanto il tuo mordente dente
ti stendo lesto sulla nuda terra
giacché osasti dichiararmi guerra.

No! non toccarmi con quel ferro rozzo;
se morir debbo fa che sia in un pozzo:
Mi pare a questa fine esser più degno
che se pur vecchio, tenero è il mio legno.

Per l'affanno di padre, nonno e bisnonno
rimanda la mia fine al prossim'anno;
fallo pel fresco che ti stai godendo
e per il frutto ch'ivi oggi gustando.

Taci! Scampo per te alcun non è,
schiavo sei, io sono podestà e pure re
e fermare non posso l'omicida impulso
finché non t'ho da mia vista espulso.

Il dolore lasciommi senza fiato
giacché pugno violento avea sferrato
alla base del fico, della cui ombra
affidato avea in sonno le mie membra.
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    Scritta da: Nello Maruca

    Dialogo

    Tu, che rilassato, all'ombra degl'austeri
    pioppi sprofondato sei in sonno tranquillo
    e resti steso al loco dei misteri,
    tornato sei alla terra, suo pupillo.

    Tutto scordato hai dacché sei chiuso,
    tutto scordato hai dacché sei steso;
    se piove resti là, come recluso,
    tra cielo e terra resti là, conteso.

    Manco ti smuovono i caldi raggi
    di cocente sole d'estiva calura,
    né scuotonti li vermi dei paraggi
    e d'aria t'è ripugna ogni fessura.

    Prima che fosti tu, fui così pur'io.
    Prima che mi partissi stetti lassù,
    non sai che stare dolce è in quest'oblio:
    Ah! perché non scendi pure tu quaggiù?

    Non devi mai dormire perché già dormi,
    non devi mai svegliarti, non è risveglio;
    ten stai disteso sotto i grandi olmi,
    posto più quieto non esiste e meglio.

    Beato te se scendi in quest'anfratto:
    Il luogo lo dimori senza sosta,
    nessuno sogna mai di darti sfratto,
    stai pur tranquillo: Non arriva posta.

    Maestri qui non sono né mastri d'ascia,
    avvocati e notai qui non trovi;
    chi quivi approda tutto a terra lascia,
    non sono né alberghi né ritrovi.

    Pioggia mai fu e immenso mare giace;
    tutt'è frastuono ma rumor non senti.
    Se qui ti stendi resti in grande pace;
    l'Alme son tante e tutte son'assenti.

    Fors'io verrei pure in quella valle
    ove mi dici che c'è tutto e nulla,
    lasciando, ahimè, la conosciuta calle
    per coricarmi in quell'oscura culla.

    Ma il dire che tu fai parmi mistero:
    Nel cranio gira forte l'emisfero,
    nel petto dice il cuor: Voglio pulsare:
    Non dire nulla ancor, lasciam'andare

    Scendere in tale luogo non mi lice
    ove ognuno parla e nessun dice,
    ove tutt'è silenzio e nulla tace,
    ove frastuono è ma è grande pace.

    Il racconto, mi pare d'altro mondo
    e partorito da mente malata;
    è come in aria fare il girotondo
    e la matassa è troppo ingarbugliata.

    Tutto il tuo racconto è un enimma
    che in toto pare solo melodramma:
    Indi, eternamente restati laggiù
    ch'io preferisco starmene quassù.
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      Scritta da: Nello Maruca

      Il diavolo

      Spirito cattivo, spirito maligno
      ovunque volgi lo guardo il male alligna
      angelo da mente al bene inversa
      facitore d'ogni azion perversa.

      Resti alla posta qual cacciatore a lepre
      alletti col sorriso che il mal copre
      nascosto dietro siepe della calle
      colpisci a tradimento dietro le spalle.

      Cacciato sei dal Luogo dolce e beato
      perché nel Paradiso malcostumato
      avverso a divina legge, avverso a Dio
      all'inferno buttato per pagare il fio.

      Un filo di paglia usi per legaccio,
      nessuno riesce a scioglierlo dal braccio
      ch'è più forte esso di grossa catena,
      chi, ahime! l'incappa paga grossa pena.

      Sempre ten stai attento: Resti in agguato,
      nessuna pietà per il malcapitato:
      Riesci a penetrare nell'uman cervello
      e imponi, poi, ad esso grosso fardello.

      Quel povero disperato, malcapitato
      all'ultima stazione è arrivato
      che quantunque prosegue nel cammino
      mai più pace ha ma nero destino.

      Trappola tendi ad uomo onesto
      rendendolo depresso, schiavo e mesto.
      Alla potenza di Dio fa egli appello
      alfin che mai più invadi il suo cervello.

      Spera con timore e con fervore
      che Dio invocato venga in suo favore;
      spera che dal cuor toglie il macigno
      che grosso hai deposto, perverso maligno.

      La grazia invoca all'Onnipossente
      che in vita gli è sempre presente.
      ma si discosta un poco da Dio beato
      perché, da te, Maligno è ingannato.

      Il Dio ch'è amore, potenza e bene
      sollievo offre già alle sue pene.
      Gli dice che per Lui non sei nessuno
      e che soccorso porta a lui ed ognuno.

      Questa la speme che lo regge in vita
      perché la pena che parea infinita
      dileguasi man mano che Egli invoca
      nella disgrazia sua che non è poca.
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        Scritta da: Nello Maruca

        Bene

        Avevo immenso bene e l'ho perduto,
        falce crudele passò e l'ha mietuto;
        venne quel giorno, venne all'improvviso,
        sulle labbra gli smorzò il bel sorriso.

        Era d'autunno, era piovoso il giorno,
        inerte lo trovai al mio ritorno.
        Tutto si rabbuiò, fu notte fonda,
        sommerso fui, come da alta onda.

        Nessuno al mondo è bene tanto grande
        che amor per quanto grande tanto spande
        non ricchezze vi sono ne tesori
        che il bene indicato solo sfiori.

        Non è somma da dar per questo bene
        ché il mondo intero non lo contiene,
        nessuno può pagarlo né acquistarlo
        può solo averlo chi vuol solo amarlo.

        Voi che l'avete ancora, voi fortunati,
        voi, oggi più di ieri, da esso amati
        stringetevelo forte sopra al cuore
        dategli il calore del vostro amore.

        È del pianeta terra essere vivente
        e come nessun'altro è più amante;
        a nessun figlio mai procura pene,
        ha nome mamma, quest'immenso bene.
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          Scritta da: Nello Maruca

          Arte nuova

          Più l'ore se ne vanno con il tempo
          più la mia mente ha turbinio di lampo.
          In essa ruota sempre quello sperma
          che fuoriesce senz'alcun'orgasmo
          e suggerisce, con grand'insistenza,
          conoscere di tanto la causanza.

          Il Dei e Garzanti sfoglio senza sosta
          ma è come cercare al lago l'aragosta.
          Della Treccani m'accosto a copertina
          con fare e con pazienza certosina;
          lesto metto ogni pagina al mio vaglio
          così m'accorgo del secondo sbaglio.

          Mentre men sto, così, nell'incertezza
          avverto sulla testa una carezza:
          Austero, di nobile figura, è al mio fianco
          uomo vetusto, dai capelli bianchi.
          Se il tuo cuor tu m'apri in confidenza
          accenderti poss'io persa speranza
          ché quel ch'al tuo cervello assilla e sfugge
          al cospetto del mio certo non regge.

          Cominciò, tutto, oh Grande, coi malanni
          e da quel giorno pace più non ebbi
          ché si moltiplicar d'allor gli affanni
          e in incertezze e dubbi sempre crebbi.
          Con pression dall'altro lato fatta
          liquido lattescente innanzi m'esce,
          l'organo non gioisce: Forte patisce;
          la testa gira e par diventi matta.

          Arte nuova è codesta in medicina
          che più recenti studi son'approdati.
          raggiunto quando abbiam la cinquantina
          di quest'infame male siamo toccati.
          Prostata han dato nome gli scienziati
          e dei malanni è certo tra i più ingrati:
          Quale castagniforme appare in loco
          e a chi colpisce brucia come fuoco.

          Il liquido che secerne è simil sperma
          e riferimento non è d'alcun orgasmo
          poiché d'agogna non ha nessuna norma
          ma risultato è di grande spasmo.
          Abituati a far senza dell'orgasmo,
          convivi col dolore e con lo spasmo;
          oltre non ti crucciar, tempo è di flemma,
          risolto parmi t'abbia il gran dilemma.
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            Scritta da: Nello Maruca

            Appello

            In rimembranza del passato affanno
            da mente mai trascorsa ricordanza
            ricordoti le pene d'anno in anno
            e che l'amor per te mai m'è abbastanza.

            Perciò restiamo l'uno all'altra accanto,
            non disdegniamo nostr'opinioni,
            stiamo stretti ancora avanti andando
            a tutti d'affetto diamo dimostrazioni.

            Altri trasporta ogni alito di vento
            A giungo somiglianti fluttuante;
            di quercia siamo fusti d'anni cento
            ogni uragano è sol per noi fuggente.

            Loro sen vanno ad altro focolare
            dimentichi chi soffre e chi sospira;
            così è da sempre: È storia secolare;
            ignorano chi l'ama e chi l'ammira.

            Portiamo pure affetto ad ogni caro:
            Figli, nipoti, generi e quant'altri
            mai sia, però, tra noi boccone amaro,
            mai pene a noi per secondare altri.

            Aperti sian agli altri i nostri cuori,
            con slancio diamo senza null'avere
            godino d'affetti e nostri amori
            e procediamo oltre quel ch'è dovere,

            Però, ciò fatto, noi si pensi all'io
            senz'egoismo e pur nell'altruismo,
            dopo profuso bene a macchia d'olio
            doniamo a noi un poco d'egocentrismo.

            Bello mi pare quel che qui è detto:
            Che a tutti si usi bene e male mai
            affetto regni e massimo rispetto
            e il bene sia presente, il mal giammai.
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              Scritta da: Nello Maruca

              Abbondanza

              Ricchezza di cose, case e palazzi,
              abbondanza di roba e di denaro
              da sempre questo gli uomini cercaro;
              per questo furo eternamente pazzi.

              Per essi cedono affetti, bimbi, ragazzi,
              calpestano sovente la coscienza,
              ripudiano la propria figliolanza.
              Son porci rozzi, luridi e pur sozzi.

              Questo e ben altro è la vil ricchezza
              che in vero è solo squallida miseria
              in quanto al male volta e a cattiveria;
              assai lontana d'Egli, àncora di salvezza.

              Vera ricchezza è quella che in cuore
              si tiene, che di spirito è, non materia
              e all'animo più apporta miglioria
              e sa donare con ardore amore.

              Quest'ultima tu abbia d'abbondanza
              e a uso dell'altrui mettila in atto,
              per gli altri l'amor tuo sia loro motto,
              non sia timor, se in altri discrepanza.

              Quell'altra lascia l'abbiano gli avari,
              miscredenti, ipocriti, triviali.
              Destino loro è sol bocconi amari
              ché di lor cattiveria traboccano gli annali.

              Tu sei gioiello d'altissimo splendore;
              restati bella nel tuo bel candore,
              non offuscare, mai, per l'altrui l'amore,
              lasciati guidare dal nobile tuo cuore.
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                Scritta da: Nello Maruca

                Don Lollò

                Non si capisce qual ch'è il motivo
                di quella grinta del porco cattivo;
                non si capisce, ancor, perché al mattino
                dimenasi don Lollò al balconcino.
                Si sa, però, ch'è insofferente nato
                e il mal ch'addosso porta è una nota
                ch'à disegnato sulla suina faccia
                e la stortura ch'à in gambe e braccia.

                L'accosto al pirandelliano personaggio
                non è al mostro nostro un omaggio
                ma è sol per illustrare la tracotanza
                di questo don Lollò dell'ignoranza.
                IL teschio in toto di cervello privo
                lascia abbondante spazio a corrosivo;
                La colpa è certo del paterno gene
                tramatore di male, sdegnator di bene.

                Quello, il vero don Lollò, l'intollerante
                aveva di che dare al confidente
                ché beni possedea in terre e case
                e perdere potea danaro, tempo e cose
                per rimanere agiato, in ogni caso.
                Quest'altro, storpio, brutto e d'altro stampo
                cui sola proprietà è l'essere intrigante
                resta misero, impertinente questuante.
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                  Scritta da: Nello Maruca

                  Fiore

                  Dettami o mio Signore parole alate che superi
                  Il lor suono di capinera il canto ond'io imperi
                  In versi corta esistenza di sì cotanto splendido
                  Gran Fiore. Descrivere vorrei suo volto candido
                  Col garbo e maestria del sommo Dante ma in povertade
                  Di pensieri m'accingo ad affrontare in umiltade
                  Ardua impresa con mente mia che flette e non connette
                  Chè al cospetto d'Anima sublime, stanco, non permette
                  Ravvicinar divario frapposto in povertade di pensieri
                  Miei e magnitude di grandezza Sua.
                  Dea, che di Latona figlia e del gran Giove dio degli dei,
                  a somma vetta dell'Olimpo assisa che al Dio di luce
                  Apollo fosti sorella, di ninfe circondata, in castitade,
                  degl'Inferi, del Cielo e della Terra Triforme venerata,
                  di caccia assai devota, dei boschi protettrice, peristi!

                  Stella che brilla di mattino e all'apparire del sole
                  Corre e va via; Viola di prato di delicato odore,
                  fragile e bella inebiatrice dei campi tutt'intorno,
                  Garofalo rosso di profumo intenso, candido
                  E di purezza intriso Giglio; peristi! E vuoto
                  Intorno a Te molto lasciasti.

                  Ma nello spiccare lo volo nei luminosi Lochi
                  Che agli Angeli di Dio son riservati, seme lascasti
                  In terra a germinare che sviluppò e in luce crebbe
                  Di luminosa luce e di bellezza a simboleggiar
                  La Tua figura eletta. Un Fiore fosti, come tal peristi;
                  Fiore altro come tale in terra non è che ognuno
                  Al Tuo cospetto affievolisce; nessun paragone degno
                  è esserTi posto.
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                    Scritta da: Nello Maruca

                    Gemme

                    D'Epifania, d'incerto sole, in tiepida giornata,
                    giunge la prima Gemma tant'amata.
                    Brillano i suoi occhi per bontà ed amore,
                    di tenerezza mi riempie il cuore.
                    Suo lamento è dolce nota,
                    bel carattere denota.

                    La seconda, ch'è seconda in tempo,
                    di luce brilla più del firmamento;
                    lunghi capelli, grand'occhi, luminoso viso
                    a giugno mi perviene all'improvviso.
                    Tutto piglia, tira, strilla,
                    tutt'intorno ad ella brilla.

                    In un febbraio tetro, freddo e gelo
                    la terza, poi, calata m'è dal cielo;
                    di gioia sussultar fa l'alma mia
                    mentre m'appresto a dir l'Ave Maria.
                    Occhio piccolo, lucente,
                    sguardo fermo, intelligente.

                    Nell'odoroso di fiori e biancospino maggio
                    mi giunge all'improvviso il grand'omaggio
                    di quarta Gemma splendida, lucente che tra le Gemme
                    è Gemma delle Gemme.
                    Tosto pare assai carino,
                    un tantino birichino.

                    A capodanno la quinta mi compare
                    venuta all'improvviso a illuminare
                    la nera notte di fulmini percossa,
                    di vento e tuoni forti molto scossa.
                    Di furbizia mente fina
                    lesto offre lo spuntino. *

                    Cinque di Gemme splendide ho nel cuore,
                    ognuna d'inestimabile valore.
                    La vita che pur tanto m'ha deluso
                    in fin sì grandi beni m'ha profuso.
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